I CRITERI PER INDIVIDUARE IL CALORE «VOLONTARIO»
La norma tecnica Uni 10200 è stata resa cogente/imperativa dal Dlgs 102/2014, citato dal lettore, in quanto è posta a tutela di un interesse pubblico generale (ossia quello del contenimento dei consumi energetici). La sua applicazione obbligatoria rende nulle quelle clausole del regolamento contrattuale che prevedono un diverso metodo di ripartizione della spesa rispetto a quello previsto dalla norma Uni 10200 - compreso l’”impegno di solidarietà“ a non chiudere il riscaldamento - e che contrastano con “l’obiettivo del risparmio energetico”.I criteri di riparto previsti dalla norma Uni 10200 si basano:1) sulla quota consumo “volontario”, suddivisa in funzione degli effettivi consumi registrati dai relativi strumenti;2) sulla quota consumo “involontario”, che rappresenta le dispersioni delle colonne di distribuzione che trasportano l’acqua calda del riscaldamento ai vari piani e che cedono calore alle pareti e agli ambienti anche se le valvole dei radiatori sono chiuse. Tale calore non è regolabile dagli utenti che comunque ne beneficiano.Pertanto, il prelievo di calore volontario corrisponde esclusivamente al calore che esce dai corpi scaldanti e viene prelevato dall’utente in conseguenza delle sue azioni sul sistema di regolazione (valvole termostatiche o termostato ambiente), mentre la rimanente parte del calore immesso in casa è costituito dalle dispersioni delle reti di distribuzione del riscaldamento e dell’acqua calda sanitaria, che sono indipendenti dalle azioni del singolo utente e, quindi, vengono ripartite a “millesimi di riscaldamento”.
Conto corrente, che succede alla morte dell'intestatario?
di Francesco Machina Grifeo
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