QUOTA DELL'ACCOMANDANTE TRASMISSIBILE MORTIS CAUSA
La soluzione indicata dal lettore appare corretta sotto il profilo formale e opportuna dal punto di vista pratico, alla luce delle necessità evidenziate.Sotto il profilo formale, infatti, la quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte, come prevede l’articolo 2322, comma 1, del Codice civile. Il legislatore, pertanto, ha operato una scelta precisa nel derogare al principio generale stabilito dall’articolo 2284 del Codice stesso, dove, al contrario, si stabilisce che, nell’ambito delle società di persone, la quota debba essere liquidata da parte dei soci superstiti agli eredi del socio deceduto, a meno che non si decida di sciogliere la società, o di continuarla con gli eredi. Questo perché il socio accomandante è titolare di una partecipazione a intensità "affievolita”, e per questa ragione può avvenire la trasmissibilità mortis causa della sua quota sociale.Sotto il profilo pratico, la soluzione permetterebbe di mantenere in atto la possibilità, da parte dell’accomandante, di apportare risorse finanziarie a supporto dell’attività esercitata dalle figlie, e di svolgere – entro determinati limiti - una saltuaria attività di “vigilanza”. Sotto questo ultimo aspetto, peraltro, è bene evidenziare che al socio accomandante è comunque vietato compiere atti di amministrazione, pena l’assunzione di una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni assunte verso i terzi (articolo 2320, comma 1, del Codice civile).
Conto corrente, che succede alla morte dell'intestatario?
di Francesco Machina Grifeo
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