Civile

Nella top ten delle sentenze civili 2019 posto d’onore alle decisioni sulla responsabilità medica

di Andrea Alberto Moramarco

Con l'inizio del nuovo anno è tempo di bilanci per la giurisprudenza targata 2019. La nostra attenzione si concentra sulle sentenze civili più interessanti e innovative. Ma prima di entrare nel dettaglio va sottolineato, quanto all'oggetto delle pronunce selezionate, alcune direttrici di fondo, che delineano un quadro in continuità rispetto al passato. Dall'esame delle decisioni, infatti, emerge: la presenza di temi classici ma di costante attualità (nullità per il diritto civile, stupefacenti per il diritto penale, appalti pubblici per il diritto amministrativo); la trasversalità e la novità di altre questioni (poteri prefettizi e misure di prevenzione); la portata etica di alcuni argomenti (procreazione assistita e aiuto al suicidio); l'importante rilevanza pratica di diverse decisioni (vendita di immobili abusivi per il diritto civile, prove e rinnovazione dibattimentale per il processo penale); il ruolo di impulso e di tutela sempre più significativo assunto da tutte le Corti, nazionali ed europee - spesso in "dialogo" tra loro - le cui decisioni, oltre a rivestire grande rilevanza per tutti gli operatori del diritto, animano il dibattito politico e rimediano sovente all'inerzia del Legislatore. Inoltre, data la vastità degli argomenti e il numero, si è preferito selezionare solo gli interventi più importanti delle sezioni Unite, alcuni dei quali risolutori di recenti contrasti giurisprudenziali, nonché alcune decisioni significative della Corte costituzionale, apparse e commentate sul Quotidiano del Diritto e il settimanale «Guida al Diritto».

Nuove regole per il consenso informato - L'unica eccezione è rappresentata dalle sentenze cosiddette "di San Martino 2019" - data quella dell'11 novembre ben nota a tutti i civilisti (per via delle sezioni Unite del 2008 su diverse questioni in materia di risarcimento del danno) e simbolicamente scelta dalla Terza sezione della Cassazione per il deposito di ben dieci pronunce sul tema della responsabilità medica.
Tra queste se n'è scelta una (sezione III n. 28985), la prima, forse più significativa tra tutte, relativa al consenso informato (si rinvia ai precedenti numeri della Rivista per tutti gli approfondimenti). Ebbene, su tale tema i giudici di legittimità hanno affermato che la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente può causare sia un danno alla salute, qualora il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all'intervento per non subirne le conseguenze invalidanti; sia un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione, se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale.

Nullità per vendita di immobili abusivi e contrattuali - Passando alle decisioni a sezioni Unite, in primo piano c'è la tematica della nullità, analizzata dai giudici di legittimità in riferimento sia agli immobili abusivi che ai contratti di investimento e locazione. Prima di tutto, c'è dunque la sentenza (sezioni Unite n. 8230) con la quale la Suprema corte ha stabilito che in tema di compravendita di immobili abusivi, la nullità comminata dall'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (testo Unico in materia edilizia) e dagli articoli 17 e 40 della legge n. 47/1985 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia) va ricondotta nell'ambito della nullità testuale di cui al comma 3 dell'articolo 1418 del codice civile. Viene in rilievo, pertanto, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi a effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile proprio a quell'immobile. Verrà meno, pertanto, il rischio che un atto di trasferimento sia ritenuto nullo qualora emergano delle irregolarità edilizie o urbanistiche, anche successivamente all'atto, e non sussisterà più la distinzione tra opere abusive che rendono incommerciabile l'immobile e opere abusive che non ne limitano la commerciabilità.
La Cassazione è poi tornata sul tema delle opere realizzate abusivamente, ossia senza o in difformità del titolo abilitativo richiesto dalla legge, a distanza di appena sette mesi (Sezioni unite n. 25021) sciogliendo altri nodi interpretativi. I giudici di legittimità hanno, infatti, affermato che lo scioglimento della comunione relativa a un edificio abusivo, che si renda necessaria nell'ambito dell'espropriazione di beni indivisi o nell'ambito di una procedura concorsuale, è sottratta alla comminatoria di nullità prevista dal Dpr n. 380/2001 (testo Unico in materia edilizia) per gli atti di scioglimento della comunione aventi a oggetto edifici abusivi. In sostanza, la divisione di una comunione ereditaria o anche ordinaria deve rispettare la normativa sulla regolarità edilizia.
Quanto ai contratti di investimento, la Suprema corte (sezioni Unite n. 28314) ha affermato che la nullità di cui all'articolo 23 del Dlgs n. 58/1998 (testo Unico della finanza) può essere fatta valere esclusivamente dall'investitore, con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali dell'accertamento operano soltanto a suo vantaggio, ma l'intermediario può contrastare l'uso selettivo delle nullità da parte del cliente appellandosi al principio di buona fede, se la selezione della nullità determini un ingiustificato sacrificio economico a suo danno, alla luce della complessiva esecuzione degli ordini, conseguiti alla conclusione del contratto quadro. In tal modo, i giudici di legittimità cercano di arginare il meccanismo della cosiddetta nullità selettiva.
La sanzione della nullità è, invece, stata esclusa dalla Cassazione (sezioni Unite n. 6882) in relazione alla clausola del contratto di locazione che attribuisce al conduttore l'obbligo di farsi carico di ogni tassa, imposta e onere relativi ai beni locati (quindi anche dell'Imu), tenendone conseguentemente manlevato il locatore. Tale clausola per la Suprema corte non viola norme imperative, né tantomeno il precetto dettato dall'articolo 53 della Costituzione, qualora essa sia stata prevista dalle parti come componente integrante la misura del canone locativo e non implichi che il tributo debba essere pagato da un soggetto diverso dal contribuente.

Interesse ad agire del condomino e fallimento - Sul versante processuale, di un certo rilievo è la decisione (sezioni Unite n. 10934) con cui i giudici di legittimità hanno chiarito che, anche se rimasto inerte nei primi gradi di giudizio, il condomino ha diritto di depositare ricorso incidentale tardivo in proprio nel giudizio di legittimità. Per la Suprema corte, infatti, il singolo condomino può intervenire nel giudizio promosso dal condominio oppure in quello in cui questi resiste alla domanda proposta nei suoi confronti da un condomino o da un terzo, quand'anche in essi l'ente condominiale sia già rappresentato dal proprio amministratore, ai sensi dell'articolo 1131 del codice civile, in quanto ciascun condomino ha il potere di difendere i suoi diritti di comproprietario "pro quota".
Importante è altresì la sentenza (sezioni Unite n. 24068) con la quale i giudici di legittimità hanno ritenuto che il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile e, dall'altro, il diritto degli ulteriori interessati a ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, presenta i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'articolo 111, comma 7, della Costituzione.
I giudici di legittimità, dunque, sottolineando la definitività e decisorietà del decreto di esecutività del piano di riparto fallimentare, aprono così la strada al ricorso in cassazione contro il medesimo.

Spese di giustizia, notifiche e Pma - La materia processuale è stata oggetto anche di decisioni della Corte costituzionale che, in particolare, è intervenuta su due rilevanti aspetti. Con la prima decisione (Corte costituzionale n. 217), la Consulta ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 131 comma 3 del Dpr n. 115/2002 (testo Unico spese di giustizia), laddove prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai soggetti ivi indicati siano «prenotati a debito, a domanda», «se non è possibile la ripetizione», anziché direttamente anticipati dall'erario. Per i giudici delle leggi, dunque, devono essere direttamente anticipati dall'Erario gli onorari e le indennità a consulenti, notai e custodi, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Con la seconda decisione (Corte costituzionale n. 75) la Consulta ha invece ritenuto che l'articolo 16-septies del Dl 179/2012, (Decreto crescita), è illegittimo laddove prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della ricevuta. La Corte costituzionale sottolinea come la ratio generale della previsione è la tutela del destinatario e del suo diritto al riposo in una determinata fascia oraria, senza che ciò possa ripercuotersi sulla posizione del mittente, essendo il termine utile per notificare fissato allo scadere della mezzanotte. La conclusione dei giudici delle leggi è cioè che la norma censurata sia incostituzionale per irragionevolezza in quanto recide l'affidamento che il notificante ripone nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico.
Dalla Consulta, infine, arriva anche la pronuncia (Corte costituzionale n. 221) che salva la legge n. 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), affermando che la coppia same sex unita civilmente non ha diritto ad accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma). Per i giudici delle leggi, infatti, la disciplina della procreazione assistita tocca «temi eticamente sensibili», in relazione ai quali l'individuazione di un ragionevole punto di equilibrio fra le contrapposte esigenze, nel rispetto della dignità della persona umana, appartiene «primariamente alla valutazione del legislatore».

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