VALUTAZIONE DELLE PROVE: AMPI POTERI AL GIUDICE
L’articolo 116 del Codice di procedura civile stabilisce un principio di carattere generale, applicabile anche alle controversie individuali di lavoro disciplinate dai successivi articoli 409 e seguenti, secondo cui il giudice, al momento di emettere la propria decisione, deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento.Vi sono, peraltro, diverse regole che limitano l’ammissibilità di taluni mezzi di prova (ad esempio, le prove testimoniali non sono sempre ammissibili) o limitano l’attività del giudice (ad esempio, per quanto riguarda gli atti pubblici e le scritture private, nonché i patti aggiunti agli stessi).Tuttavia, con specifico riferimento al processo del lavoro, al giudice è riconosciuto un amplissimo potere di assumere, anche d’ufficio (ossia senza una specifica richiesta della parte), qualunque mezzo di prova, anche in deroga alle limitazioni previste dal Codice civile (articolo 421 del Codice di procedura civile).In conclusione, proprio in virtù del principio del “libero convincimento”, il giudice non solo non è obbligato a porre a base della propria pronuncia tutte le prove assunte nel corso dell’istruttoria, ma può basare la sua decisione su quelle da lui assunte d’ufficio. Egli può, dunque, tenere conto di alcuni soltanto dei mezzi di prova, se ritenuti da soli idonei e adeguati a fondare il proprio convincimento, a prescindere dal fatto che si tratti di prove liberamente apprezzabili o legali, e dalla circostanza che esse siano state richieste dalle parti o assunte su iniziativa dello stesso organo giudicante.
Conto corrente, che succede alla morte dell'intestatario?
di Francesco Machina Grifeo
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