L'esperto rispondeResponsabilità

QUOTA DI AVVIAMENTO AL FAMILIARE CHE «ESCE»

La domanda

In caso di cessazione di un rapporto di impresa familiare (l'impresa permane, ma il familiare smette di prestare la propria opera), spetta sempre e comunque, al familiare uscente, la quota d'impresa? Se tutti gli utili prodotti negli anni di permanenza dell'impresa familiare sono sempre stati interamente distributi ai partecipanti, il familiare uscente ha comunque diritto a delle somme? Per esempio, se l'impresa ha prodotto sempre e solo utili in denaro, sempre distribuiti senza mai incrementare l'attivo, eccezion fatta per un eventuale avviamento che si può pensare essersi formato negli anni, al momento dell'uscita dall'impresa, al familiare spetterebbe una quota di avviamento?

La risposta è affermativa. L’articolo 230-bis del Codice civile prevede che il familiare, che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare, ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.Il comma 4 dello stesso articolo 230-bis del Codice civile stabilisce che il diritto di partecipazione è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo), con il consenso di tutti i partecipanti. Il diritto di partecipazione può essere liquidato in denaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, e altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in mancanza di accordo, dal giudice.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©