L'esperto rispondeResponsabilità

RECUPERO DI PARTI COMUNI CON IL SÌ DELL'ASSEMBLEA

La domanda

Sono amministratore di condomìni. In uno stabile esisteva una porta che dava su un corridoio, il quale serviva gli ingressi di due differenti uffici. Il proprietario di uno dei due uffici ha comprato quello adiacente e, senza chiedere nulla, ha abbattuto il muro, inglobando anche il corridoio. Alle mie proteste ha risposto che lui era diventato comunque l'unico a poter fruire del corridoio stesso. Porterò il caso in assemblea dopo avere intimato la sospensione dei lavori. In questo caso, per autorizzare l'azione, occorre una maggioranza qualificata o l'unanimità? È possibile chiedere un affitto, o vendere quei metri di corridoio, se tutti sono d'accordo (fermo restando che la soluzione migliore sarebbe quella di ripristinare lo stato preesistente)? Mancando l'unanimità, il soggetto in questione è obbligato a ripristinare? Oltretutto, il corridoio aveva una porta-finestra che consentiva l'accesso al tetto di un altro stabile, e, allo stato attuale, questa è una possibilità che viene negata agli altri condòmini.

Preliminarmente, si fa presente che, ex articolo 1130, n. 4, del Codice civile, l’amministratore deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Il successivo articolo 1131 del Codice civile disciplina i poteri di rappresentanza, sia sostanziale che processuale, dell’amministratore di condominio, conferiti nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 del Codice civile e dei maggiori poteri previsti dal regolamento di condominio, o da specifiche deliberazioni assembleari, individuando i casi in cui lo stesso amministratore può agire in giudizio di propria iniziativa e quelli in cui, al contrario, è necessaria l’autorizzazione dell’assemblea dei condòmini. Con specifico riguardo agli atti di cui all’articolo 1130, n. 4, del Codice civile, in sede giurisprudenziale si è affermata una interpretazione estensiva secondo cui la norma pone a carico dell’amministratore, come dovere proprio del suo ufficio, quello di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, «potere-dovere da intendersi non limitato agli atti cautelativi ed urgenti ma esteso a tutti gli atti miranti a mantenere l’esistenza e la pienezza o integrità di detti diritti» (Cassazione civile, 6 novembre 1986, n. 6494). Per effetto del combinato disposto degli articoli 1130, n. 4, e 1131 del Codice civile, l’amministratore del condominio è dunque legittimato, senza necessità di una specifica autorizzazione assembleare, ad agire in giudizio, al fine di compiere tutti gli “atti conservativi” dei diritti inerenti alle parti comuni di un edificio.Tuttavia, la Suprema corte non ha assunto un orientamento univoco, nel senso di far rientrare fra gli atti conservativi anche «l’azione di reintegrazione avverso la sottrazione, ad opera di taluno dei condòmini, di una parte comune dell’edificio al compossesso di tutti i condòmini». Al riguardo, qualora il lettore voglia esperire un’azione giudiziaria nei confronti del condomino che si è impossessato del corridoio/parte comune, è preferibile l’autorizzazione dell’assemblea condominiale, con la maggioranza qualificata prevista dall’articolo 1136 del Codice civile.Ancora, è possibile che il condominio chieda un affitto per l’utilizzo della parte comune. Comunque, nell’affrontare un caso simile, la Cassazione ha statuito che «chi acquista la proprietà di tutte le cantine presenti su di un piano non diventa automaticamente proprietario del relativo corridoio di accesso e disimpegno che, salvo patto contrario, rimane condominiale» (Cassazione civile, sezione II, 11 giugno 2015, n. 12157). Inoltre è possibile, con l’unanimità dei consensi, vendere quella parte comune al condomino che l’ha occupata abusivamente. Infinequalora non si riescano a trovare soluzioni alternative (quali, appunto, l’affitto o la vendita della parte comune abusivamente occupata), il condomino - attuale proprietario dei due uffici – dovrà ripristinare lo stato dei luoghi.

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