L'esperto rispondeResponsabilità

I DIVIETI NON SI PRESTANO A INTERPRETAZIONI ESTENSIVE

La domanda

Sono un condomino che intende dare in locazione il proprio appartamento a uno studio professionale medico, cui faranno capo tre singoli medici di base, dopo averne variato la destinazione d'uso in categoria A/10. L'amministratore sostiene che, per procedere, devo prima essere autorizzato dall'assemblea, perché il regolamento, pur consentendo l'uso delle abitazioni a studio professionale e commerciale, lo condiziona al fatto che siano conservati il decoro e la tranquillità dello stabile, aggiungendo che le parti comuni non devono essere assoggettate a un uso eccedente la normalità. Inoltre, l'amministratore sostiene che il regolamento vieta espressamente di destinare gli appartamenti ad ambulatori, circoli, sedi di partito, scuole eccetera.L'amministratore può effettivamente subordinare la locazione alla preventiva autorizzazione dell'assemblea?

Per costante principio giurisprudenziale, le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio (di natura contrattuale) devono essere formulate in modo espresso o, comunque, non equivoco, e non possono, quindi, dare luogo a una interpretazione estensiva delle relative norme (Cassazione civile, 20 luglio 2009, n. 16832).Detto questo, bisogna anche effettuare una netta distinzione tra i divieti, contenuti nel regolamento contrattuale, di adibire le unità immobiliari ad "ambulatorio" o a "studio medico". Infatti, come precisato dalla Suprema corte, «deve qualificarsi come ambulatorio, per il cui esercizio è richiesta, ai sensi del Tulps, l'autorizzazione da parte della competente azienda Usl, ogni struttura aziendale destinata alla diagnosi e/o alla terapia medica extraospedaliera, mentre deve ritenersi semplice studio medico quello nel quale si eserciti un'attività sanitaria il cui profilo professionale si appalesi come assolutamente prevalente rispetto a quello organizzativo, senza che, contro tale interpretazione, possa legittimamente invocarsi altra e diversa nozione di ambulatorio, quale quella eventualmente desumibile dal disposto normativo di cui al tariffario delle tasse sulle concessioni regionali approvata con Dlgs n. 230 del 1991, diversa essendo la finalità delle norme sin qui richiamate, l'una eminentemente fiscale, l'altra di controllo e tutela sanitaria, propria della Pa» (Cassazione civile, sezione II, 19 settembre 2010, n. 6719).Pertanto, è ambulatorio, la cui apertura lecita postula l'autorizzazione amministrativa, ogni struttura aziendale destinata alla diagnosi o terapia medica extraospedaliera. Lo studio medico è da identificare, invece, come il luogo di esercizio dall'assistenza sanitaria, caratterizzata dalla prevalenza del profilo professionale su quello organizzativo. Sicché emerge che, essendovi differenza tra la qualifica di “ambulatorio” e quella di “studio medico”, l’eventuale divieto di adibire una unità immobiliare a “studio medico” dev'essere espressamente scritto nel regolamento contrattuale, non essendo possibile interpretare estensivamente l’eventuale divieto posto per il solo “ambulatorio”.Si ritiene, dunque, possibile che il lettore dia in locazione la sua unità immobiliare al fine di farla utilizzare come studio medico, in quanto il regolamento di condominio consente l’uso delle abitazioni a studio professionale e commerciale, non essendo possibile far rientrare nel divieto di destinare gli appartamenti ad “ambulatori” anche gli “studi medici”. Resta, comunque, inteso che dovrà essere rispettata la condizione, posta dal regolamento, che sia conservato il decoro e la tranquillità dello stabile, e che le parti comuni non siano assoggettate ad un uso eccedente la normalità.

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