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L'«OK» PAESAGGISTICO ANCHE PER I MARCIAPIEDI

La domanda

Stavo rifacendo il marciapiedi del mio giardino, in zona a vincolo ambientale. Vista la presenza di fastidiose griglie che coprono l'intercapedine avevo deciso di allargare di 50 centimetri il mio marciapiedi per un migliore camminamento. Sulla piantina catastale non è presente alcun marciapiedi, mentre è segnalata una rampa in muratura per disabili, che ho mantenuto. A seguito di un esposto, mi è stato fatto un verbale e mi è stato riferito che rischio un arresto da uno a cinque anni. L'abbattimento delle barriere architettoniche non dovrebbe essere un dato di merito per chi lo mantiene nel proprio giardino, anche se, per fortuna, nessuno della famiglia lo utilizza?

Nelle piantine catastali normalmente non vengono riportati i marciapiedi, in quanto il catasto ha valenza solo da un punto di vista fiscale.Per quanto concerne il problema dell’abbattimento delle barriere architettoniche, vige il decreto ministeriale dei Lavori pubblici n. 236, del 14 giugno 1989, che, al paragrafo 8.2.1, prevede per il marciapiedi una larghezza minima di 90 centimetri, anche se nella pratica corrente si considera valida la larghezza di un metro e mezzo.Venendo all’aspetto del vincolo ambientale, occorre fare riferimento al Dpr 9 luglio 2010, n. 139 (regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità), che, all’allegato 1, contempla la necessità dell’autorizzazione paesaggistica anche per gli interventi sui marciapiedi. Infatti, al punto 17 si fa riferimento a interventi puntuali di adeguamento della viabilità esistente, quali: adeguamento di rotatorie, riconfigurazione di incroci stradali, realizzazione di banchine e marciapiedi, manufatti necessari per la sicurezza della circolazione, nonché quelli relativi alla realizzazione di parcheggi a raso a condizione che assicurino la permeabilità del suolo, sistemazione e arredo di aree verdi.Circa l’aspetto sanzionatorio riportato nel quesito, lo stesso non è condivisibile. Infatti, nel caso specifico è invocabile l’articolo 167, commi 4 e 5, del Dlgs 42/2004, che prevede la sanatoria con l'accertamento della compatibilità paesaggistica da parte dell'autorità amministrativa competente. La sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 167 dev'essere quantificata, mediante perizia di stima, in base al maggiore importo tra il danno ambientale arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.

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